Una delle domande che vengono poste più spesso in materia di locazione è sicuramente quella che riguarda il pagamento affitto in contanti: in questo articolo facciamo chiarezza sulla questione a 360°… iniziamo!
Pagamento affitto in contanti: si può fare?
La registrazione del contratto è un passaggio obbligatorio, e fondamentale per non correre rischi, quando si vuole dare in locazione un immobile. Questa comunicazione all’Agenzia delle Entrate implica il pagamento dell’Irpef da parte del proprietario sui canoni di locazione ricevuti da parte dell’inquilino: nel contratto vengono infatti indicati diversi dati come l’importo previsto, da versare ogni mese.
Le modalità più utilizzate per il pagamento del canone sono ormai il bonifico bancario o quello postale, entrambi tracciabili (così come lo sono gli assegni o il pagamento tramite carta di credito) e che tutelano entrambe le parti del rapporto. Il proprietario in questo modo può stare tranquillo in caso di controllo fiscale; al contempo l’inquilino è in grado di fornire una prova degli avvenuti pagamenti.
Nonostante la comodità e le tutele fornite da questi sistemi tracciabili il pagamento affitto in contanti non è vietato dalla legge ma, non potendoci essere tracciabilità, sono previsti alcuni obblighi e limitazioni da tenere in considerazione per evitare guai (e sanzioni).
La normativa che regolamenta questa modalità è il Decreto Milleproroghe, convertito poi in Legge: all’interno di questa disposizione viene regolamentato l’utilizzo del denaro contante, che non deve superare una certa soglia mensile.
Come saprai questo limite ai contanti è cambiato spesso negli ultimi anni: dal 2020 a oggi è oscillato tra i 1999,99 e i 999,99 euro. Attualmente, nel 2023, la cifra da non superare è 999,99 euro.
Questo significa che
- se il canone di locazione mensile è inferiore ai mille euro, è possibile effettuare il pagamento affitto in contanti (quindi a seconda dell’importo si potrebbero pagare anche diverse mensilità)
- se la cifra è più alta l’inquilino deve utilizzare un metodo tracciabile a scelta tra quelli visti prima (bonifico, carta di credito e assegno).
Pagamento affitto in contanti: la ricevuta
Abbiamo visto che il pagamento affitto in contanti si può fare e non infrange nessuna regola ma, visto il carattere non tracciabile di questa modalità, è necessario avere alcuni accorgimenti.
L’aspetto fondamentale è attestare che il pagamento è avvenuto: ogni mese quindi il proprietario di casa deve rilasciare all’inquilino una ricevuta, che ha appunto lo scopo di rendere ufficiale l’annullamento del debito.
All’interno della quietanza devono essere riportati i seguenti dati:
- data del versamento
- mese e anno di riferimento
- importo pagato
- firma di entrambi
Quando la cifra è superiore ai 77,47 euro e il contratto non è in regime di cedolare secca sulla ricevuta deve essere apposta una marca da bollo da due euro, pagata da chi emette il documento e quindi il proprietario.
Il pagamento affitto in contanti è quindi possibile a patto che il locatore rilasci una ricevuta e questo passaggio non è facoltativo ma obbligatorio, specificato nell’articolo 1199 del Codice Civile.
La ricevuta di pagamento è quindi un documento ufficiale e con valore legale che, in caso di problemi o controversie, dimostra in maniera chiara che il canone di locazione viene versato regolarmente. Nel caso in cui l’inquilino fa richiesta della ricevuta ma il proprietario non ha intenzione di rilasciarla, il primo può rifiutare di pagare l’affitto.
Pagamento affitto in contanti: assenza di ricevuta e sanzioni
Quando il pagamento affitto in contanti non è tracciabile perché il proprietario non emette alcuna ricevuta (e l’inquilino non la chiede) entrambe le parti possono incorrere in sanzioni.
A quanto ammonta la multa?
L’importo può oscillare tra l’1% e il 40% della cifra versata in contanti.
In conclusione possiamo dire che è possibile il pagamento affitto in contanti a patto che:
- la cifra non superi i 999,99 euro
- il proprietario dell’immobile rilasci una ricevuta all’inquilino
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